I marziani e quell’errore di traduzione

DiMartina Abagnale

I marziani e quell’errore di traduzione

Dopo un viaggio lungo sette mesi e 480 milioni di km, il 18 febbraio 2021 il rover della NASA è finalmente atterrato su Marte. L’obiettivo della sonda: effettuare registrazioni audio da inviare sulla Terra per essere poi analizzate. Queste registrazioni avrebbero complementato le immagini raccolte
dalla precedente sonda, Curiosity; immagini che hanno fatto scalpore a causa del presunto avvistamento di un marziano che avrebbe sabotato una ruota della sonda!

Ma veramente la sonda ha registrato l’immagine di un marziano? Oppure si tratta “solo” di un errore di traduzione?

Marziano sì, marziano no
Ogni traduttore sa che anche il più piccolo errore di traduzione può portare a grandi malintesi. Le buone traduzioni sono quasi invisibili, mentre un testo mal tradotto è, nel migliore dei casi, di difficile lettura, mentre nei casi peggiori può portare a fraintendimenti, disinformazione o addirittura
a teorie cospirative.

Giovanni Bignami, l’astrofisico italiano scomparso nel 2017, ne parla nel suo libro “I marziani siamo noi”. Un errore di traduzione, dice, ha fatto credere al mondo intero dell’esistenza dei marziani.
Bignami racconta che, alla fine dell’Ottocento, un altro italiano, l’astronomo Giovanni Virginio Schiaparelli (1835-1910), fece una scoperta sorprendente all’Osservatorio di Brera. Osservò Marte per la prima volta e riuscì a studiarne la superficie grazie al suo telescopio. “A quel tempo all’oculare
del telescopio si metteva appunto l’occhio, non una macchina fotografica o una telecamera, come oggi”, scrive Giovanni Bignami, e si procedeva poi a descrivere e disegnare quello che si vedeva, o che si credeva di aver visto, aggiunge. Ciò che Schiaparelli vide o credette di vedere erano differenze
cromatiche tra mari e continenti, collegati tra loro da canali.

Traduzione scientifica
L’astronomo italiano era uno scienziato stimato a livello internazionale e i risultati delle sue ricerche arrivarono dall’altra parte dell’oceano, negli Stati Uniti. Il ricercatore spaziale Percival Lowell si interessò al pianeta rosso attraverso i libri di Schiapparelli, e fu soprattutto colpito dalla presenza dei
“canali”.

Questo interesse fu causato da un errore di traduzione nel testo inglese. La parola “canale” fu infatti tradotta con il termine “canal”, che indica opere idriche di natura artificiale (e per questo collegate a “esseri intelligenti”). Il termine corretto in questo caso sarebbe stato invece “channel”, che indica
invece un braccio di mare naturale. Un piccolo errore di traduzione, un grande fraintendimento.
Percival Lowell era così affascinato dall’idea di vita intelligente su Marte che scrisse un articolo al riguardo sul New York Times intitolato: “MARTIANS BUILD TWO IMMENSE CANALS IN TWO YEARS”.

Grazie all’avvento delle nuove tecnologie possiamo registrare immagini di ciò che veramente accade nello spazio. Ma ciò non toglie che alcuni continuino a credere fermamente nell’esistenza di vita intelligente su Marte.

Una buona traduzione garantisce la comprensione

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